LA CHIESA (IN TEMPI PIÙ RECENTI…)
IL DECLINO DEL CASTELLO (TRA AGRICOLTURA E CACCIA)
IL CONTRABBANDO
S. CASSIANO COMUNE DI 3a CLASSE
LA CHIESA (IN TEMPI PIÙ RECENTI…)
La nostra Chiesa era diventata vecchia e cadente; per questo nel 1776 fu costruita quella attuale, inaugurata poi nel 1780.
Durante l’ultima guerra fu danneggiata ma resistette alle granate… «L’assistenza spirituale era interrotta per la grave malattia dell’arciprete don Baroni, mentre l’eroico cappellano don Vittorio era stato prelevato e allontanato dai soldati tedeschi».
«… Ci recammo in delegazione dal Vescovo perché ci assegnasse don Vittorio. Ma l’esito fu negativo.
Il Vescovo ci assicurò un sacerdote altrettanto zelante, venne infatti don Vincenzo e sbocciò una fioritura di spiritualità, di carità e di collaborazione fraterna quale forse mai la Parrocchia di S. Cassiano aveva goduto» (A. Laghi).
La Chiesa fu restaurata nel 1950. Dal 1963 don Nello Castellari di Brisighella ne è arciprete e monsignore. Ha prodotto «importanti lavori di restauro all’edificio sacro e alla parrocchia».
IL DECLINO DEL CASTELLO (TRA AGRICOLTURA E CACCIA)
Merita qualche menzione il ricordo dei Valligiani che nel 1527, al passo delle Pendici, proprio sotto il castello, impedirono il passaggio delle orde del Connestabile di Borbone il quale dovette recedere e prendere la via del Ronco per andare al Sacco di Roma.
Diamo ora voce alle parole di A. Lega che si è adoprato al recupero di noi zie certe sul nostro castello:
«… I rettori della Veneta Repubblica avevano ormai deciso la fine di quasi tutte le rocche che coronavano le nostre montagne, essendo le medesime, per il ritrovamento delle artiglierie, divenute un lusso e dispendio \ inutile. Perciò ordinavano che, salvo quelle di Brisighella, Rontana, Gattara e Cepparano, le altre tutte, ed anche quella di San Cassiano, fossero sguernite di ogni difesa ed alienate. La più parte però di questi Castelli, I non trovando compratori per la soverchia spesa del mantenerli, soggiaccquero alla comune sorte di tutte le umane cose, e nel 1506 andavano distrutti.
La famiglia de’principi Spada, della quale a’ dì nostri si estinse nella I Valle il ramo di quelli che portavano il titolo di Marchesi, acquistò dopo i I Naldi il grandioso Castello di Calamello, e per molti anni lo mantenne incolume; ma oggi non restano di quello che gli avanzi di una bella e j grande stalla tutta a volta, capace di molte decine di cavalli, e di una ci- ‘ sterna assai antica fatta per conservare le acque. E la famiglia de’ Conti Vespignani (un ramo della quale partitosi dalla nostra Valle, or sono molti anni, vive tuttora in Roma) acquistò il Castello di Monte Maggiore, i cui ruderi si veggono ancora giganteggiare dalla via Emilia.
Della rocca poi di San Cassiano, della quale fin dal secolo scorso e in possesso la mia famiglia che la tenne abitata nella torre maggiore fino a. j 1824, ora non restano che le quattro grosse mura di questa, e gli avanzi del girone di cinta.
Sul terreno che ora resta scoperto nel circuito della torre, e su l’altro della j piazza d’arme, e su tutto quello che scende fino ai piedi dell’alto giogo, og- [ gi sorgono, anche infra gli scogli, superbi vigneti di sangiovese, che il valligiano, da guerriero divenuto solerte agricoltore, ha ivi piantato e fatte fiorire. Negli scassi fatti si trovarono entro le cinta alcune fosse, ancora ripiene di grano non più che annerito dal tempo; e forse era sotto terra fin: dalla prima distruzione ricordata.
Del resto se l’antipapa Cardinale Cossa, come vedemmo, aveva concesso l’investitura di questo Castello a patto di averne cani e sparvieri da cada, bisogna dire che quei luoghi fossero anche allora, come oggi, acconci a così fatti spassi. Raccontano infatti le cronache, che ne’ giorni di nozze J di feste solenni alle quali il Castellano prendeva parte, questi togliesse ds suoi canili i più abili cani; e, dopo avere coronato le vette de’ monti à esperti cacciatori, a mezzo de’ bracchieri sguinzagliasse quelli super i burroni ad inseguire lepri, volpi e tassi; cosicché la selvaggina scovata, comparendo e disparendo tra i balzi e le boscaglie, rendeva quella caccia così piacevole, da non lasciar a desiderare più altro spettacolo.
E quando, tra gli ululati de’ cani, il colpo dell’archibugio faceva rintronare con l’eco le sinuosità, della Valle, si levava d’ogni intorno, al pensiero della preda, un urlo di gioia dei cacciatori, che sarebbe parso delirio a chi non sa quanto può in anima gentile la passione della caccia. La lepre poi si imbandiva la sera dal Castellano, tra l’odore del rosmarino e lo smagliare ne’ fiaschi di prelibato sangiovese; o più, solennemente si coceva all’agrodolce, come tutt’ora si usa tra questi monti. Dipoi era costume che il fortunato cacciatore al suono del cembalo aprisse la danza, ballando con la più bella del convito la vertiginosa frullana, detta in Romagna il trescone.
Ma per decreto della Regina dell’Adriatico, com’è detto, s’iniziava la caduta del Castello di San Cassiano, di cui il tempo poi doveva sperdere quasi fino le rovine.
Intanto il Borgo dalla parte del rio di Corneto, non avendo più bisogno di difesa, venne man mano ad allargarsi di verso mezzodì sopra la via che mena a Firenze; la quale poi nel 1842 fu dalla nostra provincia e Governo Toscano resa il migliore e più breve tragitto per passare di Romagna nel territorio fiorentino».
IL CONTRABBANDO (dagli appunti del Carroli)
«Stando alla documentazione esistente in archivio, il contrabbando con la Toscana costituì un problema ricorrente per l’amministrazione locale e provinciale, perché, favorito dalla impervia ed estesa zona montana, era difficilmente controllabile ed era operato da gente di pochi scrupoli che agiva in bande armate aiutata spesso, dai coloni del luogo e dall’omertà della popolazione.
Circa il problema dell’aiuto prestato dagli abitanti della nostra zona di confine occorre una breve parentesi che investe il carattere socio economico della stessa zona. Le località di S. Cassiano e S. Martino in Gattara e i casolari sparsi nelle colline e nelle montagne della nostra valle erano abitate in massima parte da braccianti agricoli e coloni spesso in misere condizioni economiche
senta ciò sussista, il Capit.no Cavina ed altri, e poi mi informi di ciò che sia seguito
La seconda e del 17 gennaio 1730: “Mi par strano, che V.S. mi serviva, che per il Castello di Pugnano siano passati alcuni contrabbandieri con Bestie Cariche di Grano e Biade, e senza avvisarmi di aver almeno fatto processo contro chi doveva dare Campana all’Armi nel suddetto Castello».
S. CASSIANO COMUNE DI 3a CLASSE
«Un articolo della Costituzione, che Napoleone Bonaparte promulgò il 26 febbraio 1802 per la Repubblica Italiana, stabiliva la suddivisione dei Comuni in tre classi.
Nella prima erano compresi quelli con popolazione superiore ai diecimila abitanti, nella seconda quelli oltre i tremila e nella terza quelli con mena di tremila.In ottemperanza a tale legge costituzionale, l’8 luglio 1805 il territori: brisighellese fu, diviso in nove Comuni: uno di seconda classe, Brisighella, e otto di terza. Ma nel 1811 i Comuni furono ridotti a tre: Brisighella. Fognano e S. Cassiano di nuova istituzione.
A S. Cassiano fu assegnata la giurisdizione di un territorio di circa 39 chilometri quadrati comprendenti le seguenti località e parrocchie: Boesimo, Calamello, Fontanamoneta, Fornazzano, S. Martino in Gattaro, Sant’Eufemia, Monteromano, Valpiana e Valdifusa.Prima di porre in luce i problemi che dovettero affrontare i responsabil della cosa pubblica durante il loro mandato, credo sia utile chiarire U struttura amministrativa dei Comuni di terza classe ai quali appunto apparteneva quello di S. Cassiano il quale ebbe sede presso la chiesa parrocchiale.
L’amministrazione comunale era composta dalla municipalità, (paragonabile alla nostra giunta comunale) di tre membri: il Sindaco e due Anziani, eletti, due fra i possidenti ed uno tra i non possidenti del Comune, cinque consiglieri, un terzo dei quali doveva essere rinnovato ogni anno col tirare a sorte i nomi di quelli che dovevano scadere ed eleggere i noi”, dei successori in due liste, sulle quali il prefetto operava la sua scelta.
A titolo di informazione ecco i nomi dei componenti l’amministrazione di S. Cassiano il 3 gennaio 1811: Rinaldo Samorì (sindaco), Giuseppe Benericetti e Cesare Ceroni (Anziani), Antonio Cattani, Luigi Ceroni, Gaspare Moretti, Sebastiano Moretti e Andrea Montaguti (consiglieri).
Alle dipendenze della Municipalità stavano un segretario, un ragioniere e un cursore, cioè un messo. ,
I compiti affidati agli amministratori per il buon andamento della cosa pubblica furono essenzialmente tre: compilazione del bilancio preventivo ed approvazione del consuntivo; manutenzione delle strade e leva obbligatoria.
La presenza nell’archivio comunale di Brisighella del libro delle sedute consiliari del Comune di S. Cassiano dal 1811 al 1816 (tanto durò questa amministrazione) ci permette di avere dei dati precisi sui bilanci preventivi.
Prendiamo in esame il bilancio preventivo del 1812, che oltre ad essere il più circostanziato, ricalca grosso modo gli aspetti dei successivi.
Nelle spese sono compresi oltre gli onorari agli impiegati, le spese d’ufficio, il mantenimento della strada maestra e la leva obbligatoria, anche L. 50 per l’istruzione che vengono suddivise fra i vari parroci per il loro impegno ad insegnare ai fanciulli i primi rudimenti del leggere e del fare i conti.
Le principali entrate sono due:
- la tassa personale imposta ad ogni individuo di sesso maschile dai 14 ai 60 anni pari a L. 1,90 l’anno a testa, da cui sono esentati gli inabili al lavoro e quelli riconosciuti estremamente poveri. I soggetti a tale tassa nel 1812 risultavano 545 con una entrata di L. 1.035,50;
- la sovrimposta sull’estimo catastale pari a L. 1.032.
Senza addentrarci ancora nelle cifre del bilancio previsionale del 1812, esso risulta con discreto margine di attività, ma non sufficiente per il mantenimento del medico condotto come sarebbe stato nell’intenzione degli amministratori.
Difatti il 15 ottobre 1812, i consiglieri furono convocati per approvare o meno la proposta del Comune di Fognano per un consorzio onde mantenere un medico. Ma, forse, per le pretese di un contributo troppo oneroso, la proposta fu bocciata e si presero contatti con quello di Brisighella addivenendo ad un accordo.
Ed infine la questione della leva militare obbligatoria per la legge affidata ai Comuni col compito di provvedere all’invio ai centri di raccolta dei coscritti.
Ma l’attuazione della legge si dimostrò in pratica più difficile del previsto sia perché nel precedente governo pontificio non esisteva la leva obbligatoria, sia perché i giovani non si sentivano di militare nelle forze napoleoniche, sia perché la balda gioventù valligiana aveva perso il coraggio e lo smalto di quattro secoli prima o quando aveva formato le famose schiere dei Brisighellesi, preferendone rendersi uccel di bosco alle prime avvisaglie della chiamata alle armi».
(Appunti del Carroli)